Risarcimento del danno per responsabilità da cosa in custodia
35
post-template-default,single,single-post,postid-35,single-format-standard,bridge-core-2.5.9,qode-quick-links-1.0,qode-page-transition-enabled,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,qode_grid_1300,hide_top_bar_on_mobile_header,qode-content-sidebar-responsive,qode-theme-ver-28.8,qode-theme-bridge,disabled_footer_bottom,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.4.2,vc_responsive

Risarcimento del danno per responsabilità da cosa in custodia

Bentrovati al nostro consueto appuntamento del venerdì. Quest’oggi ho scelto di affrontare un argomento assai diffuso nella nostra vita di ogni giorno: il danno cagionato da cosa in custodia.

Per spiegare come opera questo istituto illustrerò un caso che mi è capitato di seguire recentemente.

Tizio posteggiava regolarmente la propria autovettura in un’area privata di sosta antistante un grande ipermercato che, nella stessa data, inaugurava la propria attività commerciale. Tizio, effettuati gli acquisti ed entrato in macchina, con la massima prudenza del caso iniziava ad effettuare le manovre necessarie per uscire dal parcheggio ma, inavvertitamente, l’autovettura collideva rovinosamente contro un cordolo delimitatore là presente e assolutamente non segnalato.

Tizio, in presenza di testimoni, fotografava quindi lo stato dei luoghi e anche il danno. L’ipermercato, una volta ricevuta la diffida per il risarcimento del danno, provvedeva ad integrare il cordolo con un apposito paletto segnalatore adeguandosi, solo successivamente, a quanto disposto dalle norme del Codice della Strada, ma rifiuta di risarcire il danno a Tizio. A questo punto cosa succede se si decide di andare in causa?

Nel caso di specie è pacificamente applicabile l’art. 2051 c.c. denominato “Danno cagionato da cosa in custodia” che recita “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Secondo autorevole dottrina rientra nel concetto di cosa in custodia qualunque elemento inanimato, mobile o immobile, pericoloso o meno, allo stato solido, fluido o gassoso, partendo dal presupposto che ogni cosa può esser in grado, in certe circostanze, di produrre danni.

Secondo la Corte di Cassazione (sent. n.7276/1997), la cosa deve essere la “causa” del danno . In tal modo si configurerà la responsabilità indicata dall’art. 2051.

Nel caso in esame vi è un evidente collegamento tra la causa (il cordolo non segnalato) e l’evento cagionato (il danno alla macchina). Le leggi in materia di sicurezza stradale (nello specifico l’art. 14 del Codice della Strada) sono molto chiare e garantiscono a Tizio una tutela per i danni subiti da un’elemento stradale potenzialmente pericoloso e non segnalato.

Un ultimo appunto di carattere tecnico: vi è differenza tra l’art. 2051 c.c. “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito” e il più noto art. 2043 c.c. “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”, in termini di accertamento e prova del nesso causale tra il fatto ingiusto e la lesione da esso derivante.

La responsabilità per i danni da cosa in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., si fonda, infatti, sulla presunzione di colpa in colui che ha un dovere giuridico di custodia dell’oggetto che ha prodotto il danno. Poiché la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. si fonda sul rapporto oggettivo del custode con la cosa custodita, essa prescinde dal carattere insidioso di questa, ossia dalla imprevedibilità e invisibilità della cosa dannosa, sicché il danneggiato non deve dimostrare tale carattere, mentre grava su di lui l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per la generale responsabilità da fatto illecito.

L’art. 2051 c.c. configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, senza che assuma rilievo in sé la violazione dell’obbligo di vigilare sulla cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito.

Ne consegue che sul danneggiato grava, a differenza che nell’ipotesi di azione ex art. 2043 c.c., il solo onere di provare l’effettiva verificazione del fatto lesivo. Spetta invece al custode, per liberarsi dalla presunzione ex lege, dimostrare il caso fortuito, ossia un fattore estraneo alla sfera di controllo di quest’ultimo (ad esempio intervento di un terzo o colpa del danneggiato).

La società responsabile del danno citata in giudizio, sulla scorta degli ultimi orientamenti giurisprudenziali, si trova sicuramente nelle condizioni di dover risarcire il danno patito da Tizio poiché l’area antistante l’ipermercato, in quanto cosa in custodia alla stessa società, non era attrezzata correttamente secondo disposizioni di legge ed era dunque potenzialmente idonea a cagionare il danno che, di fatto, si è generato. Tutto questo a meno che la società non riesca a dimostrare che il tutto si è verificato per un caso fortuito.

La Cassazione, nel 2009, ha previsto che la responsabilità per danni da cosa in custodia può valere anche per le pubbliche amministrazioni, che vengono reputate responsabili della sicurezza dei beni demaniali di loro pertinenza. Quindi strade con fosse e buche, marciapiedi e cordoli non adeguatamente evidenziati e altri aspetti simili possono integrare questa fattispecie di danno.