Il principio “nulla poena sine lege” a garanzia del cittadino
47
post-template-default,single,single-post,postid-47,single-format-standard,bridge-core-2.5.9,qode-quick-links-1.0,qode-page-transition-enabled,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,qode_grid_1300,hide_top_bar_on_mobile_header,qode-content-sidebar-responsive,qode-theme-ver-28.8,qode-theme-bridge,disabled_footer_bottom,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.4.2,vc_responsive

Il principio “nulla poena sine lege” a garanzia del cittadino

L’articolo 25, comma 2° della Costituzione, nell’omettere ogni riferimento alla sanzionepenale, indubbiamente minus dixit quam voluit, ossia dice meno di quanto in realtà vorrebbe.

Il principio nulla poena sine lege – in forza del quale non si può infliggere ad alcuno una sanzione penale, a meno che non sia espressamente prevista dalla legge – in quanto cardine del principio di legalità secondo l’originaria matrice illuministico-liberale, non può non rientrare tra i fondamentali principi penalistici di uno Stato democratico.

Una legge penale che si limitasse a prevedere un fatto di reato ma lasciasse al giudice la scelta del tipo e/o della durata della sanzione, contraddirebbe le istanze poste a garanzia del cittadino dal principio di legalità, proprio nel momento più nevralgico in cui si infligge un sacrificio al bene della libertà personale.

Lasciare che sia la legge a predeterminare la sanzione non vuol dire, tuttavia, che sia completamente escluso il potere discrezionale dei giudici. In linea generale, per ogni reato la legge prevede una pena che oscilla tra un minimo ed un massimo (ad es. per il furto è prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni), ciò che nel linguaggio tecnico viene chiamato cornice edittale o spazio edittale. Ebbene, una certa ampiezza dello spazio edittale, nonchè la possibilità di scegliere tra più tipi di sanzioni legalmente predeterminate, sono imposte, da un lato, dall’esigenza di adattare la pena alla gravità del reato commesso; e, dall’altro, dalla necessità di rispettare i principi costituzionali della finalità rieducativa e dell’individualizzazione della pena o, per meglio dire, della scelta di una pena in base a determinate caratteristiche dell’autore del reato. Senza dimenticare, però, che la finalità rieducativa non potrebbe spingersi sino al punto di legittimare, nel nostro ordinamento, una pena indeterminata nel suo limite massimo.

Se così è, il principio di legalità della pena è veramente rispettato soltanto se la cornice edittale oscilli entro minimi e massimi ragionevolitale ragionevolezza va rapportata, com’è evidente, all’importanza del bene protetto (nel nostro ordinamento è considerato importantissimo, ad esempio, il bene della vita) ed alla gravità dell’offesa arrecata dal fatto incriminato.

In ragione del principio di legalità, dunque,soltanto la legge può stabilire con quale sanzione ed in quale misura debba essere punito un comportamento criminoso. Sarebbe incostituzionale, ad esempio, l’attribuzione ad un regolamento ministeriale del potere di determinare non solo la tipologia, ma anche la misura della pena da applicare ad un comportamento contrario alla legge.

Infine, la garanzia della legalità deve intendersi estesa anche alla fase della esecuzione della pena: più rigorosa dinanzi alle esigenze della disciplina e della sicurezza; più flessibile nelle fasi ispirate alla finalità rieducativa.