La legittima difesa nel domicilio privato
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La legittima difesa nel domicilio privato

L’art. 52, 1° comma del Codice penale stabilisce: <<Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa>>.

Il fondamento della non punibilità della legittima difesa è oggi unanimemente ravvisato nella prevalenza attribuita all’interesse di chi sia ingiustamente aggredito rispetto all’interesse di chi si è posto fuori dalla legge.

La struttura della legittima difesa ruota dunque a due comportamenti che si contrappongono: una condotta aggressiva ed una condotta difensiva.

La difesa dell’aggredito è giustificata e, quindi, non punibile, soltanto in presenza di due requisiti: innanzitutto, deve apparire necessaria per salvaguardarsi dal pericolo: il che vuol dire che l’aggredito, di fronte all’alternativa tra reagire e subire, non può evitare il pericolo se non reagendo contro l’aggressore; in secondo luogo occorre una proporzione tra difesa e offesa: in questo senso, occorre operare un bilanciamento tra il bene minacciato e il bene leso, con la conseguenza che all’aggredito che si difende non è consentito ledere un bene dell’aggressore marcatamente superiore a quello posto in pericolo dall’iniziale aggressione illecita: da questo punto di vista, se è comunque ingiustificato uccidere per salvaguardare un interesse patrimoniale, come una somma di denaro, può invece apparire lecito infliggere una ferita facilmente curabile per mettere al sicuro un patrimonio di rilevante entità.

Ad esempio, l’esplosione in aria di un colpo di fucile a scopo intimidatorio da parte del proprietario di un fondo,  appare reazione proporzionata nei confronti del ladro colto a rubare delle piante di cavolfiori: ma la reazione sarebbe manifestamente sproporzionata se il colpo di fucile fosse dal proprietario del fondo sparato per ferire o uccidere il ladro.

La disciplina codicistica della legittima difesa è stata innovata con la l. 13 febbraio 2006, n. 59, la quale ha aggiunto all’art. 52 del Codice penale due nuovi commi destinati a regolamentare l’esercizio del diritto alla legittima difesa in un privato domicilio nei casi in cui l’aggressore soprende, appunto, l’aggredito in casa o in un altro luogo chiuso assimilabile. L’aspetto di maggiore novità consiste nella modifica di disciplina del requisito della proporzione: nel senso che, quando la reazione difensiva è diretta contro un <<intruso>> in una privata dimora, il giudice è dispensato dal verificare in concreto la <<proporzione tra offesa e difesa>>, essendo d’ora in avanti il requisito della proporzione legislativamente presunto.

V’è il rischio, evidentemente, che la riforma veicoli il messaggio fuorviante che la legge concede d’ora in avanti, ai cittadini onesti, la <<licenza di uccidere>> ladri e rapinatori che si introducono nelle abitazioni e nei negozi.

Ma, anche a prescindere da questo, la modifica legislativa risulta sicuramente fallimentare sotto il profilo della tecnica normativa: piuttosto che riuscire ad indicare in modo preciso ed univoco come possa legittimamente reagire il padrone di casa o di negozio minacciato dal ladro o dal rapinatore, il <<testo>> approvato dal legislatore del 2006 risulta infatti così mal congegnato, che ogni sua interpretazione si espone a riserve critiche.

In ogni caso, per chiarezza, è bene precisare che, perchè l’aggredito possa legittimamente reagire ricorrendo all’impiego, ad esempio, di un’arma, occorre una condizione imprescindibile, che la legge definisce pericolo di aggressione. Come è da intendere questo requisito? L’interpretazione più plausibile, alla luce della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, è che si debba trattare di un pericolo che va al di là della sfera dei beni patrimoniali, e che si proietta sulla vita e sull’integrità fisica dell’aggredito: in sostanza, un pericolo riferito al solo patrimonio, e non coinvolgente la vita o l’integrità fisica dell’aggredito o delle altre persone minacciate all’interno del domicilio violato, non potrebbe infatti mai giustificare una reazione difensiva armata e, per di più, secondo un’interpretazione della norma che tenga conto della Costituzione, sarà (costituzionalmente) lecito attaccare difensivamente la persona dell’aggressore, soltanto se e nella misura in cui quest’ultimo stia per compiere effettivamente atti aggressivi.

Ulteriori requisiti, perchè scatti la norma sulla legittima difesa in luogo di privata dimoraequindi, la liceità del ricorso in funzione difensiva di un’arma o altro mezzo similare, sono: a) che il soggetto che si difende sia presente <<legittimamente>> all’interno del luogo chiuso in cui subisce l’intrusione del malvivente; b) che la difesa armata sia azionata da un soggetto che possiede l’arma in virtù di un valido titolo di legittimazione, venendo meno, in caso contrario, la presunzione di proporzionalità tra difesa e offesa.