La riforma della responsabilità per colpa medica
140
post-template-default,single,single-post,postid-140,single-format-standard,bridge-core-2.5.9,qode-quick-links-1.0,qode-page-transition-enabled,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,qode_grid_1300,hide_top_bar_on_mobile_header,qode-content-sidebar-responsive,qode-theme-ver-28.8,qode-theme-bridge,disabled_footer_bottom,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.4.2,vc_responsive

La riforma della responsabilità per colpa medica

L’Italia è uno dei paesi europei con la più alta percentuale di litigiosità – secondo il rapporto Capej 2010 il quarto, dietro solo alla Russia, al Belgio e alla Lituania. Molte cause sono intentate contro i professionisti; oggi parlerò nello specifico di quelle in campo medico.

Una volta che si sia instaurato il rapporto medico/paziente – la natura di tale rapporto obbligatorio è di mezzi, non di risultato – è frequente che si  inizi un contenzioso contro i medici e le strutture sanitarie quando le terapie o gli interventi non portino al risultato sperato.

Questa situazione ha convinto i medici di tutto il mondo occidentale – compresi gli italiani – ad assumere un atteggiamento detto di “medicina difensiva”. La categoria professionale, sotto l’incalzare delle decisioni dei giudici, ha iniziato a cautelarsi, adottando comportamenti di tipo preventivo (assurance behaviour), oppure astenendosi dall’esecuzione di interventi ritenuti ad alto rischio (avoidance behaviour). Questa situazione, come ben si può immaginare, non poteva essere mantenuta a lungo, poichè andava a discapito della salute delle persone; è accaduto pertanto che ogni paese abbia iniziato a porre in essere delle riforme legislative.

In Italia è intervenuto, nel 2012, il decreto Balduzzi (158/2012), poi diventato legge, che aveva l’obiettivo di ridurre il contenzioso in questa materia così delicata. Il decreto opera nell’ambito del diritto penale, in cui introduce una scriminante per i medici, nel momento in cui questi siano in grado di provare di aver arrecato un danno al paziente con colpa lieve. In altri termini, i medici devono dimostrare che, durante il loro operato, si sono attenuti alle buone pratiche e alle linee guida approvate dalla comunità scientifica internazionale.

Questo vuol dire che i sanitari sono penalmente responsabili sono nei casi di dolo (effettiva volontà di provocare un danno), o colpa grave (negligenze di rilievo nel seguire la procedura o la terapia).

Nell’ambito del diritto civile, invece, permangono i parametri precedenti. Per ottenere il risarcimento del danno, al paziente basta provare il nesso causale tra il danno subito e l’azione del medico, nonchè la ragionevole probabilità che tale danno si sia verificato per dolo o colpa – nessun distinguo tra lieve o grave – del sanitario.

Altro aspetto di rilievo è stato l’introduzione della mediazione civile obbligatoria per le controversie civili nate da responsabilità medica. Ciò significa che i pazienti, prima di interpellare il giudice del tribunale ed iniziare un processo, devono  rivolgersi ad un organismo di mediazione e conciliazione.

Il tentativo di conciliazione è obbligatorio. La legge stabilisce che è una condizione di procedibilità insuperabile per  poter iniziare un processo civile. Il giudice di 1° grado, ove accerti che non si sia svolta preventivamente la mediazione, ordinerà alle parti di provvedere in tal senso, pena l’improcedibilità del processo e la sua estinzione.

L’obiettivo è  quello di deflazionare il contenzioso. Il verbale di mediazione, se le parti trovano un accordo in quella sede, assume valore vincolante per entrambe, da cui scaturisce l’obbligo di rispettare le condizioni concordate.