Il vincolo del giudice alla legge penale
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Il vincolo del giudice alla legge penale

L’applicazione delle norme penali implica un passaggio dall’astratto al concreto: occorre cioè rilevare le caratteristiche giuridicamente rilevanti dell’accadimento concreto, da ricostruire nel corso del processo, in modo da ricondurle alla norma penale incriminatrice.

L’espressione << interpretazione della legge penale>> individua appunto il complesso delle operazioni intellettuali finalizzate all’individuazione del significato delle norme da applicare e, conseguentemente, la scelta compiuta dall’interprete circa il senso da attribuire ad una determinata norma.

Si definisce << interpretazione autentica>> quella fornita dallo stesso organo che ha prodotto la norma da interpretare: per esempio, una legge interpretativa di un’altra legge, per quanto il fenomeno non sia frequente.  Per  << interpretazione ufficiale>>  si intende l’attività interpretativa svolta dai pubblici funzionari dello Stato: ad esempio, circolari ministeriali, prassi interpretative degli uffici della pubblica amministrazione, pareri consultivi, ecc. L’ << interpretazione giudiziale (o giurisprudenziale) è quella effettuata dai giudici nell’emanare sentenze. Questa è l’attività interpretativa che maggiormente influenza la concreta interpretazione del diritto. Per << interpretazione dottrinale>>, infine, è da intendersi quella realizzata dagli studiosi del diritto nelle opere di dottrina. A differenza di quella giudiziale, che è finalizzata alla concreta decisione delle controversie, l’interpretazione dottrinale è in grado di influenzare l’applicazione del diritto in virtù della sua intrinseca forza persuasiva, ovvero non una sterile esercitazione accademica, ma idonea a indicare ragionevoli direttrici interpretative agli organi giudiziari.

Le teorie sull’interpretazione del diritto si sono tradizionalmente preoccupate di fissare criteri adatti a guidare l’attività dei giudici in modo da scongiurare o ridurre il rischio di decisioni arbitrarie, esigenza particolarmente avvertita dal pensiero illuministico, che ha valorizzato il vincolo del giudice alla legge quale naturale corollario del principio della divisione dei poteri: una chiave garantistica che spiega il ruolo del giudice quale mero << esecutore>> della volontà legislativa, ideale espresso da Montesquieu quando afferma che << Les  juges ne sont que la bouche qui prononce les paroles de la loi>>.

I casi pratici, che la realtà incessantemente prospetta, presentano sfumature diverse o caratteristiche inedite rispetto a casi noti già venuti al vaglio dei giudici: questo richiede un impegno da parte del giurista-interprete verso una continua re-interpretazione delle norme, per verificare appunto se la portata della norma da applicare sia tale da comprendere i nuovi casi emergenti.

E’ bene sfatare il mito dell’atto interpretativo ideologicamente neutro, poiché nello scegliere tra più significati della norma da applicare, tanto più se di portata incerta, l’operatore giuridico viene inevitabilmente condizionato da una serie di fattori: in questi termini, giocano un ruolo più o meno ampio le vedute personali del giudice, la sua concezione politico ideologica, la preoccupazione per il tipo di impatto che la decisione può provocare sul reo, le aspettative dell’ambiente cui la sentenza si rivolge, e così via.

Soprattutto nell’ambito del diritto penale, laddove viene in rilievo la tutela di interessi collettivi molto importanti (pubblica amministrazione, economia pubblica, ambiente, ordine pubblico democratico, ecc.), i giudici vengono sollecitati a un’attività di cosiddetta supplenza nei confronti di un potere politico ritenuto incapace e inefficiente. Da qui l’emergere di un diritto penale giurisprudenziale che supera i limiti di tutela legislativamente delineati, tale da evidenziare la componente <<creatrice>> di un’attività interpretativa culturalmente o politicamente orientata.

E’ pur vero che sarebbe illusorio disconoscere il momento creativo necessariamente insito nell’attività che svela il contenuto della legge, ma altro è prendere atto del ruolo giocato dai giudizi di valore dell’interprete e dunque del corredo di valori che orientano, umanamente, il giudice. Certo sia, tuttavia, che nell’ambito del diritto penale, il principio illuministico del vincolo del giudice alla legge scritta, accolto esplicitamente nella Costituzione, continua a fungere da irrinunciabile presidio della libertà dei cittadini.

Attilio Pinna